Tutte le notti, alle 2.33, mi sveglio.
Sto sognando sempre fughe, o nascondigli, o rumori orrendi, insomma, sono nel mezzo del terrificante.
E mi sveglio, ancora impaurita, e alcune persone mi appaiono nelle mente come immagini felici di contrasto: un giorno di estate per le strade assolate con GM., un viaggio per la città in auto nel buio con G., e poi penso a cosa si dicono i gatti quando si svegliano anche loro, la notte. Ma i gatti non mi guardano.
Tu, invece, avresti saputo consolarmi, perché dicevi che alle paure bisogna offrire dolcetti zuccherati. Ma tu, tu eri tu, in quella casa colore della luce, protetta da quella porta di vetri lavorati senza riflesso, cupi. Forse era la porta, a proteggere il tuo sonno.
Dalle 2.33 aspetto il mattino, e intanto che il buio diventa più buio, GM. e le strade assolate mi disturbano in una immaginaria afa senza respiro, e G. nella macchina che corre nella città mi appare troppo veloce, senza controllo.
Poi, spunta un po' di luce. E io vi ripongo tutti nei vostri momenti senza più emozione, dimenticati. Un po' soli.
Tutti, ma non tu, tu sei sempre sorridente, e spargi zucchero a velo su biscottini rosa con grazia, nel gesto di piccole benedizioni.
Lo zucchero non cade mai fuori dai bordi, noto questo, quando ti osservo, la tua concentrazione mi sembra così impossibile. E in un istante, mi ricordo di cosa è successo. Ma se tu, adesso, fossi reale?