lunedì 6 dicembre 2021

 

La prima canzone tua che ho sentito mi ha fatto l'effetto di una terribile caduta sull'asfalto. Era estate, e stavo andando al fiume a prendere il sole. M. guidava spigliata e bellissima, la strada saliva ripida di curve e tu, ecco, tu eri nell'auto a urlare strofe incomprensibili e io cercavo di capire cosa dicevi, la tua voce, la tua voce mi graffiava. Che fitta, sentirti così. Eri finalmente libero, tu. Non dovevi più fingere. Non esisteva più timidezza. Una liberazione: avevi ufficialmente una scusa per essere quello che eri davvero. Cattivo. E io un po', mi sono sentita sollevata, felice di non avere ceduto al tuo fingere. Ti credevo, un tempo, vedevo la lotta che avveniva dentro di te, e i pochissimi momenti buoni che ti scappavano fuori senza controllo da tutto il tuo odio. Sapevo già, che non avevi cura, rimedio. Non c'era niente da fare. E adesso che dici di essere davvero l'orrore che appari, mi sembri in pace. Sincero, vero. Che storia triste. 

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